Daniele: Buongiorno a tutti e bentornati alle interviste scemiserie. La vostra presenza qui indica che vi volete molto male, ma quest’oggi cercheremo di rallegrarvi la giornata con la dolce simpatia della nostra gradita ospite. Ho l’onore e il piacere e il desiderio e la faccia tosta di presentarvi Melissa Pratelli che cercherà di proteggersi dalle mie domande moleste.
Daniele: Diamo il benvenuto a Melissa Pratelli, la nostra suprema signora dell’agrodolce e no, non mi sto riferendo alle abilità con la cucina cinese. Come molti di voi sapranno, è la nostra esperta in fatto di improvvisi maiunagioia, romanticismo dolcioso e fantasy urbano. E quest’oggi cominceremo proprio dalle sue opere per conoscerla più a fondo. Parlaci un po’ dei Figli di Danu. Misteriosa e ambientata ai giorni nostri, questa saga affonda le sue radici nella mitologia. Ti va di parlarcene un po’?
Melissa: Questa è una domanda molto impegnativa, mio caro intervistatore. Mi hai praticamente chiesto di sintetizzare in una risposta i dieci anni di sclero mentale che mi sono serviti per portare a termine la saga! Cercherò di essere rapida ed esaustiva. I Figli di Danu, come hai anticipato, è una saga urban fantasy che ha come perno la mitologia celtica. Questa è la base sulla quale è costruita l’intera storia e a essa si intrecciano poi altri elementi, come la maledizione che costringe il clan MacIntyre a una doppia natura di umani e lupi e il tema della reincarnazione e delle anime legate. Si tratta di una saga young adult, con protagonisti liceali che, assieme ai problemi sovrannaturali, si trovano anche ad affrontare quelli della vita di tutti i giorni, la scuola, la famiglia e l’amore.
D: Anche la serie Stronger è ambientata ai giorni nostri (quelli prima delle mascherine), ma ha perso del tutto la sua connotazione fantastica per rimanere nel reame romantico. Cosa ti ha spinto a dedicare una saga a due ragazzi dal passato difficile?
M: Sentivo il bisogno di parlare di quella storia. È tutto qui, in particolare, il primo volume della dilogia, è incentrato sul passato di Amelia, sulla sua lotta contro la depressione e il senso di colpa per la perdita della migliore amica. Avevo bisogno di scrivere di lei, perché dovevo guarire me stessa, perché Amelia sono io e la sua storia è la mia storia (ovviamente senza il coinquilino manzo di mezzo perché faccio parte del team #maiunagioia).
D: Temo che siamo un po’ tutti parte di quel team. Di questi tempi, se avessimo avuto un coinquilino interessante ci avrebbero sfrattati il giorno dopo per inadempienza contrattuale. Ma tornando a noi… credi che un nuovo amore possa curare le ferite ricevute in precedenza? Oppure pensi che le persone debbano prima guarire e poi dedicarsi alla ricerca di un partner?
M: Io credo che l’amore possa guarire tutto, le ferite inferte da altri e anche da noi stessi, ma non mi riferisco solo all’amore romantico, piuttosto a quel sentimento universale che lega le persone che condividono lo stesso sangue o le medesime esperienze di vita. Penso che per stare bene con una persona, sia necessario prima stare bene con se stessi, perché un rapporto non deve essere una dipendenza, quanto piuttosto una lotta alla pari, passami il termine. Ciò non toglie che un nuovo amore possa aiutare qualcuno a guarire un cuore spezzato che fatica a rimettersi in sesto. (Ma quanto sono profonda, oh?)
D: A proposito di lotta, spesso nei romance una tematica tipica è lo scontro emotivo tra i due protagonisti, qualche volta dovuto anche a una netta differenza sociale e tutte le complessità che questa porta. Eppure, altrettanto spesso, i personaggi trovano il modo di dimenticarsi dei problemi dell’altro per concentrarsi sui sentimenti. Credi che basti un forte sentimento a mettere in secondo piano la lotta per uno stipendio decente e le differenze di possibilità economiche? Team Gossip Girl o team Va Bene Viviamo Pure Nella Baracca Del Barcarolo Ma Facciamolo Assieme?
M: Personalmente non ho mai trattato di protagonisti provenienti da diverse estrazioni sociali (ma grazie per aver aggiunto uno spunto alla mia lista infinita dei work in progress). Parlando in via ipotetica, non vedo perché la classe sociale (che ormai mi sembra pure un concetto piuttosto obsoleto) dovrebbe interferire con una relazione. Certo, è possibile che a causa di stili di vita diversi, ci si scontri, ma ogni relazione è fatta di compromessi e, anche in quel caso, sarebbe sufficiente fare ognuno un passo in direzione dell’altro. Se è un sentimento vero, va bene anche la Baracca del Barcarolo.
D: Er Barcarolo vaaaaaaa, controcorenteeeee. Scherzi a parte, un altro aspetto sottolineato nei romance, di solito, è l’avvenenza dei soggetti maschili e femminili presenti. Basti pensare alle copertine che sono un piacevole mix di giocatori di rugby professionisti e pallavoliste dall’aria svenevole. Questo cliché secondo cui i personaggi non vanno molto oltre l’apparenza non rischia di penalizzare chi, come te, riesce a descrivere esseri umani a tutto tondo?
M: Quella di mettere manzi seminudi in copertina è una semplice strategia di marketing. C’è chi preferisce puntare sulla sfera sessuale del prodotto, chi su altri aspetti, ciò non significa automaticamente che la storia sia superficiale, così come i personaggi. L’abito non fa il monaco, non ve l’hanno mai detto? Personalmente non mi piacciono quel tipo di cover, anche perché alla fine risultano davvero tutte identiche, togliendo identità al romanzo e a chi l’ha scritto, tuttavia si tratta di una mera questione di gusti.
Purtroppo, come hai sottolineato, attorno al mondo del romanzo rosa ruotano tantissimi pregiudizi e queste scelte tattiche spesso non fanno che acuirli. Sembra che essere un autore romance significhi scrivere storielle stupide per donne stupide che hanno bisogno di evadere. Chi è al di fuori del mondo romance raramente concepisce il fatto che queste storie possano anche dire qualcosa, o essere veicoli di messaggi attuali e importanti. Attenzione, non sto dicendo che tutti i romance lo siano, c’è pure della spazzatura in giro, ma questo non vale forse per tutti i generi?
Riguardo ai bellocci… Be’, chi lo vuole leggere un romanzo con un protagonista cesso? Va bene tutto, ma i libri servono pure per sognare!
D: Ultima domanda a tema romance, lo giuro. Come già hai anticipato, le posizioni del pubblico riguardo a questo genere di solito sono molto estreme. O ne vanno totalmente pazzi oppure è snobbato e scartato con supponenza. Credi che questa stranezza sia da attribuire alla diffusione di troppe opere di scarsa qualità oppure ci siano motivazioni più profonde? C’è una differenza tra i sessi in questa tendenza? Perché in fiera non è raro vedere il sedicente maschio alfa della situazione fingere di non avere un cuore per timore di vedersi accorciare altre parti anatomiche (Mi riferisco all’orgoglio, maliziosi che non siete altro).
M: Qui ci sarebbe da fare un discorso lungo pagine e pagine, ma siccome sono le undici di sera e mio figlio starnazza dal passeggino (perché giustamente ancora NON DORME) cercherò di essere breve e concisa. Il genere romance è attorniato da pregiudizi, più di qualunque altro genere in circolazione. Per quanto riguarda la tua domanda relativa alle opere di scarsa qualità, non credo che i pregiudizi siano dovuti a questo, specie perché chi snobba o critica il romance nella maggior parte dei casi non si è mai approcciato a un romanzo di quel genere per partito preso, perciò non può essere incappato in romanzi di bassa qualità che, lo specifico di nuovo, ci sono in tutti i generi, non solo nel romance. Io penso che la gente in generale semplifichi fino all’estremo la tematica che trattano i romanzi rosa, associandoli ai fotoromanzi di una volta o alle telenovele immortali in stile Beautiful. Inoltre, i precettori del romance sono stati gli Harmony, che ancora esistono ma di certo non rappresentano l’universo romance in tutte le sue sfumature; tuttavia, nel cervello dei lettori si crea un collegamento diretto tra il romanzo rosa e gli Harmony, portandoli a considerare l’intera categoria un ammasso di libelli semi hot per casalinghe disperate. Che poi, perché le casalinghe debbano essere disperate non s’è capito…
A proposito del concetto di maschio alfa… secondo me se un uomo ha bisogno di ostentare una presunta repulsione verso libri che trattano il tema dell’amore per sentirsi macho, forse è lui il primo a non essere del tutto convinto della propria sessualità.
Comunque, per ulteriori delucidazioni sull’universo del romance, potete seguire la mia rubrica “Lezioni di romance” su Instagram! (potevo fare pubblicità non-proprio-occulta, vero?)
D: Solo se fai come nei film americani dove fanno finta di non accorgersi della marca in vista sul cartone del latte da cui stanno bevendo per poi ammiccare in direzione della telecamera. Ed ecco la domanda che tutti i cuori romantici stavano aspettando. Può un amore vivere per sempre, superare le difficoltà e diventare unico e irripetibile? Sono certo che la mia passione per la liquirizia lo sia, ma in questo caso vorrei sapere cosa ne pensi dei sentimenti veri e propri.
M: Amo la liquirizia, quindi mi trovo d’accordo con te. Lo hai mai mangiato il gelato?
Okay, non divaghiamo. Io sono un’inguaribile romantica, da sempre e per sempre, quindi ti dico sì, l’amore, se è vero, paziente e se è in grado di trasformarsi e maturare con il passare degli anni può diventare unico e irripetibile. Io con mio marito sto lavorando sul “paziente”, al momento.
D: Il paziente in amore si trasforma molto rapidamente dal concetto di sopportare e attendere a quello di essere ricoverati con le ossa rotte. Ed ecco la domanda che tutti gli organi maliziosi stavano aspettando (No, non mi sto più riferendo all’orgoglio adesso). Parliamo di sesso. Le prestazioni nei libri sono delle vere e proprie maratone sospese tra un film erotico, la cavalcata delle valchirie e un complesso intersecarsi di arti degni del Cirque du Soleil. Senza contare i luoghi improbabili suggeriti da alcuni protagonisti. Cosa ne pensi? E qual è la situazione più strana che tu abbia mai letto?
M: Ma l’ultima domanda a tema romance non era due domande fa?
Comunque, il sesso descritto in un romanzo, secondo me, deve essere come quello della vita reale. Certo, lo possiamo romanzare, rendere più romantico, anche più spinto (te li immagini due di trent’anni che fanno preliminari prima, dopo, durante, cambiano sedici posizioni e poi vengono all’unisono in un tripudio di fuochi d’artificio?). Ci piace che sia ideale, ovvio, ma non deve nemmeno essere assurdo o trash (e alcuni autori si fanno decisamente prendere la mano).
In scene particolarmente strane per ora non sono incappata, forse perché non leggo erotici, quindi magari mi perdo delle chicche degne del Guinness World Record. Il sesso che ho letto finora è stato, diciamo, abbastanza verosimile (dico abbastanza perché c’è, quasi ovunque nei romance, il fattore “possenza” dell’organo genitale maschile, così grosso e fiero da spaventare le fanciulle. Ma tutti ‘sti super dotati dove stanno? No, perché io non ne ho beccato manco uno, eh!).
D: Beh io la peggio scena l’ho letta in un fantasy eh. A tal proposito parliamo un po’ di fantasy. Perché sotto sotto sappiamo che tu sei una grandissima lettrice e scrittrice di tale genere. Due domande rapide rapide. Credi che il romanticismo abbia un ruolo fondamentale nelle storie fantastiche e possa essere un valore aggiunto? Ma soprattutto quali personaggi letterari hai sempre sognato meritassero di avere un incontro malizioso?
M: Sfondi una porta aperta, perché per me se non c’è romanticismo, manca qualcosa. Lo cerco ovunque, persino nel manuale per il montaggio del lettino di Nicholas (riusciranno la vite e il buco a ricongiungersi finalmente?).
Adoro i fantasy in cui la storia sovrannaturale si intreccia a una storia d’amore, tuttavia non è necessario che essa sia predominante, apprezzo anche romanzi in cui viene data più rilevanza ad altri aspetti. Parlando, però, di esseri umani (o quasi) credo che sia inevitabile e veritiero che si creino dei legami (non necessariamente d’amore, ma anche di amicizia, rispetto, ammirazione).
Per quanto riguarda l’ultima domanda ti dico la prima coppia che mi viene in mente, così, su due piedi, in modo del tutto casuale: Skald e Lily. Me la fai leggere una scena zozza su di loro? Eddai!
D: Assolutamente no. Te li immagini a parlare di pali di giada e fiori di loto con varie allusioni al ti prego, portami nel Valhalla? Anche no, grazie. Che ne dici di parlarci un po’ di te? Cosa avresti sempre voluto dire ai tuoi fan, ma non hai mai trovato il coraggio di dire?
M: Di me non c’è molto da dire, sono così, come mi si vede sui social e in fiera; amo scrivere, leggere, sognare, ho un milione di animali, un fantastico marito e un bimbo che è sicuramente l’opera migliore che io abbia creato. Sono entrata nel mondo della scrittura in punta di piedi, ho fatto uno scivolone e poi mi sono rimessa in carreggiata, grazie anche alla Dark Zone edizioni. Ora sono qui, a rompere i cocomeri come se non ci fosse un domani!
Cosa avrei voluto dire a chi mi segue? Una cosa che ho già detto tante volte, ma che ripeto: GRAZIE.
D: Ultimissima domanda. Meglio la rude muscolatura alla Jason Momoa o l’elegante classe un po’ italiana un po’ british alla Colin Firth?
M: Jason Momoa a me non piace, fai un po’ tu. A Colin Firth, però, preferisco Hugh Grant!
D: E con questa chiusura alla Nothing Hill e col sorriso sornione del buon Hugh, ringraziamo la bravissima e carinissima Melissa (quello che voi non sapete è quanti insulti mi ha tirato in chat durante la realizzazione di quest’intervista). Un saluto a tutti voi lettori e ci vediamo settimana prossima per un’intervista dedicata al mondo del disegno. A presto.
Un abbraccio.
Daniele Viaroli