Ho un ospite con un sogno ricorrente da sbrogliare.
Ma noi non sbrogliamo sogni, li amplifichiamo, li articoliamo, ci perdiamo e poi torniamo in un punto diverso.
Con lui ho parlato di tempo, di sicurezza, del caso, delle cose che si aspettano, del saper sognare forte e del contenere moltitudini.
Signore e signori, Andrea Zanotti!
Andrea, raccontaci il tuo sogno.
Non ti racconterò di un singolo sogno, quanto della versione del medesimo che si presenta sempre sotto forme differenti, così magari improvvisiamo una seduta di fanta psicanalisi e vediamo di sbrogliarlo una volta per tutte.
Sono alla stazione di Vienna e devo prendere il treno per tornarmene a casa. Il tempo stringe, ma non riesco a trovare il binario. Con il tedesco mi arrangio, eppure non riesco a capire le indicazioni che mi forniscono le persone cui chiedo. Inizio a correre senza una meta precisa, ma arrivo sempre a binari tronchi. Come dicevo si tratta di un sogno ricorrente. Alle volte riesco a prendere il treno, per poi scoprire di aver preso quello sbagliato, che va nella direzione opposta. Altre non si tratta di un treno ma di un bus. Mi trovo comodamente seduto e all’improvviso mi rendo conto che la mia fermata è già passata da un pezzo, oppure devo ancora prenderlo il bus, in una città che non conosco, magari, o che conosco ma che ha spostato le fermate. Una volta ero a Trento, dove ho abitato ai tempi dell’università, e arrivavo alla fermata, aspettavo, aspettavo, per poi scoprire che non era più una fermata e allora mi decidevo ad andare a piedi, ma le vie erano diverse, non c’era più alcun punto di riferimento.
Le varianti si sono accumulate negli anni, sempre diverse. Insomma è grave? Oppure si tratta del simbolo del labirinto che tenta di dirmi qualcosa di importante che io mi ostino a ignorare? Aiutami!
Cosa rappresentano Vienna e Trento per te? Sono in qualche modo collegate?
Non attribuisco particolari significarti reconditi a queste due città. A Trento ho trascorso gli anni dell’università, che ricordo con piacere, anche se forse li ho affrontati con troppa serietà e fretta di finire. Vienna invece è una città che ho visitato un paio di volte con gli amici, senza eventi tali da lasciarmi una particolare impronta, almeno a livello conscio, a parte il freddo pazzesco della gita a capodanno, che mi ha convinto a non viaggiare mai più verso il nord in periodo invernale. Non riuscirei a trovare qualcosa che le possa accomunare, se non il fatto di esserci stato oramai più di una decina di anni fa…
Che rapporto hai con il tempo?
Il tempo?
Il tempo è il più draconiano degli schiavisti.
Ci costringe a routine intollerabili, e le routine sono la morte della creatività e del miglioramento di sé. Si può farne a meno? Io non ci sono ancora riuscito. Da lustri non porto un orologio e in casa non ne tengo.
Quello del cellulare è più che sufficiente a rendermi comunque una persona puntuale, nonostante i miei continui tentativi di divincolarmi dalle catene imposte. Ciò che maggiormente non tollero è la sua subdola capacità di agire al contrario di come dovrebbe, scorrendo rapido come un fiume in piena quando ci si diverte e lento come una colata lavica nelle circostanze spiacevoli. A parte questo, tornando ai sogni, e riflettendoci su, sono giunto alla conclusione che non è l’inquietudine legata al tempo a prevalere, ma quella allo spazio. Non è l’essere in ritardo a creare il senso di oppressione, non in modo predominante perlomeno, quanto il constatare la mutevolezza degli spazi conosciuti (come in quel di Trento), oppure della non corrispondenza fra indicazioni e realtà dei fatti, come nel caso dei cartelli dei binari di Vienna, dove in realtà poi non c’è il treno giusto.
Sfuggire al controllo temporale, ma avere una certa sicurezza riguardo gli spazi. Come ti rapporti al controllo? Come lo eserciti?
Ah, non sono un avventuriero, prediligo gli spazi noti, o poter pianificare prima di esplorarne di ignoti. Mi piace conoscere bene un dato luogo prima di varcarne i confini in cerca di svelare i segreti dei territori limitrofi. Non sono tipo da andare in aeroporto a caccia di last minute da cogliere al volo, senza una meta precisa. Come quando si va a passeggio in un bosco, di rado abbandono il sentiero, se non in zone che padroneggio a sufficienza. Certo, mi piacciono anche i sentierini appena visibili, opera magari di qualche animaletto, e li seguo volentieri finché non giungono al capolinea, ma di rado mi avventuro nel fitto sottobosco inesplorato. In sostanza sono vessato da quello che nelle strutture paganocentriche dello Gnosticismo viene identificato nella figura di Saturno-Cronos, padrone dello spazio-tempo-fato. Non riesco a scenderci a patti. Per ora!
“Il caso non esiste.” Tu cosa ne pensi?
Si potrebbero dedicare intere enciclopedie a questo argomento. Un argomento che mi affascina, sin dai tempi delle Parche, delle Norne e delle Moire, nonché di tutte le altre divinità connesse a queste sfere. In estrema sintesi, mi piace pensare che il “caso” sia l’unione di fato e destino. Fato inteso alla maniera classica, come prerogativa divina, e destino invece come quella parte dipendente unicamente dalla volontà dell’uomo. Nel momento in cui l’uomo si lascia trasportare dagli eventi che lo circondano senza operare in modo determinato, limitandosi a re-agire, il Fato prevale grandemente, quindi il “caso” inizia ad avere più l’aspetto che siamo soliti dargli, sconfinando spesso nella scaramanzia. Si finisce letteralmente in balie delle bizze delle divinità. Nel momento in cui invece l’uomo agisce con determinazione sul piano materiale ha di certo maggiori probabilità di plasmare in modo rilevante il proprio destino e il Fato quindi viene ricondotto entro certi limiti.
Nel sogno attendi un autobus che non arriva mai. Ti è capitato nella vita di attendere qualcosa che non sembrava arrivare mai?
Domanda complicata. Diciamo che per natura tendo a cercare sempre di migliorare e per farlo è necessario cullare sogni importanti, capaci di donare lo spirito propulsivo adeguato. Questo non vuol assolutamente dire che non rendo grazie alle intelligenze cosmiche tutti i giorni per quello che ho, semplicemente che ancora alcuni grandi temi non si sono sbrogliati, quindi rimango in paziente e fiduciosa attesa. Forse dovrei riferirlo al mio spirito del profondo, che evidentemente non ritiene io sia sufficientemente paziente.
Tempo, controllo, caso, attesa. Come si collegano questi aspetti alla tua attività di scrittore?
La scrittura è un mondo a parte. Tanto mi piace pianificare nel reale, quanto mi piace dare libero sfogo alla fantasia, all’improvvisazione e alla creatività nello scrivere. Che si tratti di racconti o saghe da più volumi, non vado mai oltre una semplice e scarna scaletta. L’unica cosa che mi deve essere ben chiara prima di partire all’avventura è l’incipit e il finale. Il percorso da seguire mi piace si chiarisca procedendo, come una nebbia che si dissipa mano a mano che la si attraversa. Allo stesso modo amo scoprire i personaggi. Non creo schede o cose simili, preferisco mi svelino il loro carattere un passo per volta, quando si trovano ad agire nel concreto. D’altronde siamo tutti “legione”, non saprebbe possibile creare schede complete e credibili, i personaggi a mio parere devono essere liberi di stupire, all’autore prima di tutto. Sul versante tempo posso solo dire che nel mentre scrivo un romanzo, scalpito per scrivere già quello successivo, anche se poi, immancabilmente, finito il primo seguono delle lunghe pause prima di riprendere in mano il successivo, che scalpitava tanto e sembrava già pronto ad esondare dalla mente.
Una considerazione che hai appena fatto, mi riporta alla mia citazione per eccellenza. Walt Whitman ha detto: Mi contraddico? Certo che mi contraddico! Sono grande, contengo moltitudini… Cosa ne pensi?
Penso che la coerenza sia un’utopia, o forse una distopia… in effetti non credo sia desiderabile, non perlomeno in un’ottica di sviluppo della persona, partendo dal presupposto che non si ritenga di possedere l’onniscienza, o di essere degli illuminati. È un dramma essere sempre gli stessi, rimanere impantanati in una sorta di loop nel quale ripetiamo sempre le medesime azioni/pensieri/sentimenti, difendiamo sempre i medesimi assunti, magari commettiamo i medesimi errori. Meglio rinunciare alla coerenza, provare, sbagliare, essere pronti a contenere moltitudini, o almeno provarci.
Grazie Andrea!
Vi lascio con le cover dei due romanzi di Andrea.
Inno Cannibale è il suo nuovo romanzo, presto in uscita!