Editando, la rubrica in cui gli autori DZ ci raccontano la loro esperienza di editing. Oggi è con noi Elena Mandolini!
Editanto, gli autori DZ e l’editing
Ciao Elena, andiamo dritti al punto: l’editing è croce o delizia?
È una sfida. Una spinta a migliorarsi. È perfezionare, affinare, il proprio romanzo. Certo, nei secondi prima di aprire il file editato, sale l’ansia e scende la gocciolina di sudore sulla tempia, ma fa parte del percorso di crescita.
Passare sotto la scure dell’editor è necessario e indispensabile, seppur tagliare le parti in cui ti sembra di aver messo l’anima in una scena sia peggio che spremersi per sbaglio il succo di un limone nell’occhio.
Solo un professionista, può farci notare difetti nel testo. Può capitare di non essere stati esaustivi in alcuni passaggi, o troppo esaustivi in altri. Non vedere determinati errori e refusi.
Dopo i giri di editing, rileggere il testo e vedere come sia migliorato è come tuffarsi nel mare in una giornata bollente: appagante e soddisfacente. Insomma l’editing è insieme croce e delizia. Forse, la vera croce della fase dell’editing è il sentirmi ferma in una storia che nella mia mente è già chiusa, mentre vorrei solo dedicarmi al nuovo romanzo.
La tua scrittura è migliorata dopo questa esperienza o hai pensato di cambiare mestiere?
Credo sia migliorata e non ho mai pensato di cambiare mestiere. Per fortuna Stefano Mancini è un bravissimo editor e attraverso il percorso di editing su L’Ultima Cura mi ha fatto comprendere i vizi da scrittrice che non ero riuscita a vedere da sola. Ora, quando scrivo, ricordo i suoi consigli, mi fermo e riformulo la frase nella mia testa per evitate di cadere di nuovo nelle cattive abitudini su carta e inchiostro. Ogni romanzo è un nuovo gradino per crescere. E questi gradini sono belli alti e la fatica è tanta ma la soddisfazione dopo aver salito quello scalino non ha prezzo.
Quali sono le caratteristiche di un buon editor?
La prima caratteristica che mi salta in mente è… la pazienza! Sia nel leggere i romanzi da editare che nell’approccio con gli scrittori stessi. È vero: siamo suscettibili quando si tratta dei nostri romanzi, perché sono come figli di carta e inchiostro. Ci vuole un editor che sia calmo e comprensivo. Questo non vuol dire che non debba essere severo, poiché è giusto comprendere i propri errori per crescere professionalmente. Usando un detto popolare: deve saper usare il bastone e la carota.
Eh già, noi scrittori siamo un poco testardi come muli. Deve saper motivare: alla fine è come un coach dedicato alla scrittura. Deve saper cogliere la voce e lo stile dello scrittore per non soffocarla con le correzioni e, anzi, farla emergere al meglio. Andando più sul tecnico, ovviamente, deve conoscere bene la grammatica e la lingua italiana. È un lavoro duro e complesso e penso si scelga per puro amore verso la scrittura e la parola scritta. Forse prova anche più amore di chi scrive. Per questo, dovremmo tenere a mente che un editor non è il nemico. È più il compagno di viaggio dell’eroe, pronto a sguainare la spada delle correzioni al minimo accenno di errore.
Grazie Elena!