Editando, la rubrica in cui gli autori DZ ci raccontano la loro esperienza di editing. Oggi è con noi Daniele Viaroli!
Editanto, gli autori DZ e l’editing – Daniele Viaroli
Ciao Daniele, andiamo dritti al punto: l’editing è croce o delizia?
Assolutamente delizia, anche perché mi permette di campare. Scherzi a parte, avendo lavorato anche come editor, cercherò di limitare la risposta all’aspetto autoriale.
Credo, in quest’ambito, d’essere stato abbastanza fortunato. I miei lavori, in genere, hanno subito pochissimi tagli e correzioni nel corso degli anni, spesso individuati di comune accordo col mio editor, Stefano Mancini. Non sono mai stato forzato a lasciare da parte capitoli o personaggi a me cari né a rivedere importanti passaggi di coerenza interna. Per questo posso tranquillamente affermare che l’editing per me è stato solo una delizia.
Una menzione, però, la merita la restituzione della prima bozza della Folgore Scarlatta che, in fede al suo nome, era tutta sottolineata di rosso e accompagnata da un file audio. Quest’ultimo recitava più o meno così: “Molto bello e molto lungo. Taglia qualcosa. Non m’interessa cosa, ma taglia.”
E fu così che da scrittore divenni giardiniere.
La tua scrittura è migliorata dopo questa esperienza o hai pensato di cambiare mestiere?
Penso sia migliorata, anche se a ben vedere non spetta a me dirlo ma ai lettori. In linea generale credo d’aver lasciato da parte molte lungaggini, eccessi di metafore e stilemi un po’ verbosi, e d’aver imparato a sfruttare alcune strutture narrative a mio vantaggio. Tuttavia, penso che il passaggio più importante fatto grazie all’editing non sia stato tanto un miglioramento tecnico quanto una vera e propria presa di consapevolezza. Credo aiuti tantissimo a capire quali parti del nostro lavoro sono buone e quali migliorabili.
Spoiler: sono tutte migliorabili.
Senza timore d’incorrere nelle ire di tutti gli editor che sono in ascolto, quali sono le caratteristiche di un buon editor?
Saper ascoltare e saper comunicare con l’autore. Spesso ci sono editor che si pongono su un piedistallo, imponendo tagli e correzioni agli scrittori senza giustificare o motivare le loro proposte. Credo che un maggior dialogo tra le parti aiuterebbe l’autore a comprendere dove è carente e l’editor ad avere un quadro più chiaro sullo scopo originario dell’autore. Lavorando in questo modo, si permette al manoscritto di sbocciare.
Se poi il risultato finale fa proprio schifo si può sempre dargli fuoco.
Al manoscritto non all’editor.
Forse.
Grazie Daniele!