Editando, la rubrica in cui gli autori DZ ci raccontano la loro esperienza di editing. Oggi è con noi Marialuisa Gingilli!
Editanto, gli autori DZ e l’editing – Marialuisa Gingilli
Ciao Marialuisa, andiamo dritti al punto: l’editing è croce o delizia?
Delizia? Quando? Forse quando hai finito e ti sei concesso una settimana di relax in Spa per riprenderti. O, se sei troppo povero per massaggi e cromoterapia, una sul divano in piena fase post recupero a suon di birra, patatine e serie TV.
Quando arriva il file dal tuo editor, e quell’editor è Stefano Mancini, e ti ritrovi davanti a una tale miriade di note e sottolineature, non sai se iniziare con il tagliare, il riformulare o lanciare direttamente il pc dalla finestra e aprirti un pacco di biscotti al cioccolato.
Poi rifletti sul fatto che comprare un nuovo pc o segnarti in palestra ti costerebbe troppo e allora ti rimbocchi le maniche e cominci frase per frase a rileggere, riscrivere, se necessario controbattere.
La tua scrittura è migliorata dopo questa esperienza o hai pensato di cambiare mestiere?
Cambiare mestiere mai. Non potrei vivere senza la scrittura. Prendermi una pausa, magari, ma poi mi ritrovo sempre con la testa invasa di pensieri e i miei protagonisti che richiedono attenzione.
Al di là delle battute, lavorare con Stefano Mancini ha migliorato tantissimo la mia scrittura, ma soprattutto il mio approccio alla stesura stessa. Per quanto ci sia sempre quella componente di slancio che mi porta a scrivere di getto, oggi mi pongo più domande già durante la prima stesura. Ho imparato a guardare la storia, e il testo, dal di fuori, senza dare più per scontato quello che nella mia testa lo è. Mentre scrivo, lo ammetto, mi capita di “sentire” la voce di Stefano: «Troppo telefonata, così!», «Sei certa che sappia quanto rossa è diventata in viso? È davanti a uno specchio, forse?», «Vogliamo toglierlo qualche avverbio, santo cielo?» Lo so, è pignolo e rompiscatole, ma anche terribilmente e meravigliosamente – abbondiamo con gli avverbi, contento, Stefano? – attento, scrupoloso e aperto al dialogo. Un vero professionista. Quindi, mi mordo la lingua, gliene faccio passare qualcuna, e cerco di proporgli un testo che non lo faccia inorridire già dalle prime battute.
Senza timore d’incorrere nelle ire di tutti gli editor che sono in ascolto, quali sono le caratteristiche di un buon editor?
Per quanto mi riguarda, un buon editor è quello che sa ascoltare l’autore. Quello che non pretende di riscrivere il romanzo a suo gusto o secondo le sue capacità. Che riesce a individuare i limiti dell’autore e ad aiutarlo a superarli.
Non sopporto gli editor “So tutto io”, o che di fronte a un intralcio, un problema nella trama, servono la soluzione su un piatto d’argento, quasi imponendola.
In questo posso dire senza dubbio di essere stata fortunatissima a lavorare con Stefano Mancini. Ci siamo ritrovati spesso a discutere di alcune mie scelte che non lo convincevano del tutto e siamo sempre arrivati con il dialogo a una mediazione. A volte ha ceduto lui, altre io, ma sempre dopo aver compreso appieno il pensiero dell’altro. Anche perché io sono come i bambini, non mi accontento di un “no”, voglio capirne il perché e poter dire la mia.
Per non parlare di quando ho dovuto riscrivere il finale di Non te l’ho mai detto perché – e devo dire aveva davvero ragione – per Stefano funzionava poco il modo in cui vi ero arrivata. L’ho odiato, ho imprecato ad alta voce come una pazza, ho passato ore in piena crisi isterica cercando una soluzione alternativa, scambiandomi con lui audio infiniti, ma alla fine sono io che ho trovato il bandolo della matassa e l’ho dipanato. Stefano mi ha presa per mano e accompagnata, ma lasciata anche libera di pensare da me a ciò che io dovevo scrivere.
Grazie Marialuisa!
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