DANIELE: Bentornati siore e siori alla nuova puntata con le interviste più bislacche del lunedì. Spero possano essere, per voi, un modo brillante per iniziare una nuovo giornata. E a proposito di persone brillanti un po’ brille oggi ho il piacere di presentarvi Antonello Venditti, una volta tanto privo di pennello, ma munito di penna e calamaro. Ma basta esitare. Fate come noi. Prendete il respiro e siete nel vuoto.
D: Bene Antonello, eccoci qui. Con la Saga delle Mutazioni hai dato il via a un’emozionante epopea Fantasy dall’indiscusso impatto immaginifico (e anche fico e basta). Ti va di parlarcene un po’?
A: Ciao Daniele! Finalmente c’è qualcuno che è interessato a farsi ammorbare dai miei disturbi dissociativi e di bipolarismo. Ho appena concluso il terzo e ultimo volume della trilogia e forse quelli che mi sono stati vicino in questi anni hanno tratto un lungo respiro. Pensano che abbia smesso di parlare dei miei libri ma non sanno che era solo l’inizio. In verità non ne potevo più neanche io di elemosinare pareri, ma ho appena detto di avere un disturbo perciò potrei ammettere tranquillamente che è una grossa bugia. Le mutazioni fanno parte del mondo reale, spesso avvengono sotto i nostri occhi e neanche ce ne rendiamo conto. Io ho soltanto dato vita a un mondo dentro il quale mi piacerebbe vivere, con personaggi pieni di sentimento ma anche insicurezze. Perché diventare sicuri è anche una forma di mutazione. Inoltre ho creato un bestiario; ci sono anche animali mutanti, non solo persone. Nel corso della vita si cresce e si cambia, in bene o in male. Io non so ancora se sono cresciuto. Spero che i lettori trovino interessante questa scelta. Amo la schiettezza anche quando è crudele; non è vero neanche questo, è risaputo che le critiche negative non piacciono, ma le accettiamo quando sono costruttive.
D: Molto, molto interessante. Proprio come anticipi mi ha affascinato la scelta delle mutazioni come tema portante. In tal proposito credi che la scrittura ti abbia portato a una trasformazione personale? Oppure sei diventato solo una tartaruga ninjia mutante? Ovviamente vogliamo sapere anche quale delle quattro preferisci.
A: Certo che sì, la scrittura mi ha aiutato molto a capire che mentre tutto intorno a me mutava io mi trasformavo. Ero solo un bruco, mentre oggi potrei dire di essere una farfalla. Delle tartarughe ninjia amo soltanto la scelta dei loro nomi, le ho sempre trovate goffe. Preferisco più una trasformazione alla Super Saiyan. Restare se stessi ma di livello superiore.
D: A proposito di livello superiore, scrivere un romanzo ci rende un po’ i sovrani onnipotenti del mondo da noi creato. Non temi il rischio che possa degenerare in un delirio e spingerti ad ammazzare personaggi a caso solo per il gusto di suscitare emozioni facili nei lettori? Come reputi la mania recente di usare sangue e sesso per catturare l’attenzione dei lettori? Giuro che per questa domanda non è stato maltrattato nessuno scrittore americano un poco sovrappeso e col blocco creativo.
A: Scrivere un romanzo credo sia, non solo di grande responsabilità per ciò che stiamo trasmettendo al lettore come messaggio, ma anche un mezzo per creare emozioni. Quest’ultime appunto sono varie e se si cerca di suscitarne il più possibile credo che il lettore possa empatizzare di più. Penso che non debbano esistere generi e sottogeneri, perché non è detto che in un fantasy o in un giallo o in un horror non debba esserci ironia. Credo che se il lettore abbia l’opportunità di allontanarsi dall’idea che si è fatto, la destabilizzazione delle emozioni sortisca effetti maggiori senza fallire, un po’ come chi è trasalito da un urlo; se continuassimo a urlare ininterrottamente l’effetto paura sparirebbe, anzi diventerebbe fastidioso e inutile, se invece riportassimo quella persona spaventata a una quiete diversa e magari a farla sorridere, un nuovo urlo improvviso potrebbe continuare ancora a fare effetto, poiché stabilizzerebbe. Ho sbagliato risposta vero? Credo proprio di sì, quindi ti rispondo che io adoro le manie, godo quando personaggi muoiono, anche più di uno, visto che amo anche i cattivi. Non sono però uno di quelli che concepisce le morti a caso e non amo il sesso usato come attrazione. Credo ci si possa fermare prima di un coito. Purtroppo molti maltrattano scrittori americani in sovrappeso per un blocco creativo. Io non lo faccio, non dovrebbero, perché molte storie di troni, di morti e sesso possono finire sugli schermi televisivi e accontentare in altri modi chi comunque ha seguito e si è immerso in storie innovative. Amo quando i generi vengono scardinati.
D: Visto che siamo in tema morte, vorrei porti un quesito che tutti i protagonisti eroici di un romanzo si pongono sempre. Meglio una vita intensa e ricca di gloria, destinata a spegnersi presto e accompagnata dalla certezza di cambiare il mondo oppure una più tranquilla e lunga senza particolari squilli di fama? Se ti senti fissare, non ci badare. È Achille. Te lanciagli la tartaruga ninjia di prima e ti lascerà in pace. Allora, che ci dici? Un giorno da Leone o cento da pecorino?
A: Le tartarughe di prima posso lanciargliele anche tutte come kamikaze. Io dico Leorino, perché si può essere eroi anche senza fama, anche facendo piccole cose per salvare il mondo; non credo che tutto si regga sulle fatiche e le imprese dei grandi eroi gloriosi. Penso che sia più faticoso preservarlo che salvarlo.
D: Sulla preservazione e lo sforzo che richiede sono estremamente d’accordo. In quanto animale da fiera – sì, in Dark siamo abituati a rinchiudere gli autori in gabbia durante i saloni letterari ed esporli al pubblico – sei sempre in prima linea e a contatto col pubblico. A volte, tra scrittori, fumettisti e fan si vengono a creare situazioni quantomai imbarazzanti. Qual è l’episodio più strano che ti è capitato di vedere?
A: Ricevere avance attraverso una dedica a richiesta su uno dei miei libri, mi lasciò un po’ imbarazzato, ma la scena più strana e fastidiosa è stata quella di un fan di una mia collega illustratrice, che le si avvicinò indossando una maschera di “V per Vendetta”. La cosa terribile fu che sbavava con la voce da maniaco e sfoderava dieci euro come pagamento per il suo talento e disponibilità. Quella persona ha rischiato davvero molto con me, soprattutto perché stava spaventando la mia collega a cui voglio molto bene.
D: Apperò. In quanto alle cose spaventose direi che possiamo parlare di attualità. In questi giorni si parla tanto della preparazione lacunosa di molti ministri facenti parte del governo Draghi Malfoy. In particolare, fonte di pubblico ludibrio sono state le conoscenze geografiche di un’allegra donzella a cui è stata affidata l’istruzione. A tal proposito vorrei chiederti: se tu fossi il ministro dell’istruzione cosa faresti per migliorare la situazione scolastica?
A: Sottolineo che non mi piace parlare di politica e non l’ho mai fatto in pubblico, sono più da Draghiarys alla Daenerys Targaryen che Draghi Malfoy. Il tema scolastico però mi sta molto a cuore. Credo che ci siano troppi bravi laureati/te senza lavoro e troppi bambini diversamente abili che vengono destabilizzati da un cambiamento continuo degli insegnanti. La prima cosa che modificherei è questa: dare certezza a questi bambini, che il proprio maestro/a con cui hanno costruito un rapporto, con cui hanno imparato a fare piccoli passi e a crescere non sparisca l’anno dopo. Questi alunni hanno il diritto di non regredire e ricominciare ogni volta da capo. E poi toglierei dalle scuole chi non ha competenze. La meritocrazia credo sia fondamentale e che scarseggi.
D: Lasciamoci alle spalle la politica meritocratica ignorante e anche l’ignoranza meritocratica della politica e occupiamoci di temi umani di un certo spessore: odio e amore. Credi esistano persone che amano odiare? E altre che odiano amare? E amare che odiano altrare?
A: Ma allora sei simpatico? (Deve obbligatoriamente seguire una risatina perché risulterei antipatico). Credo che esistano persone che odiano amare, e questa è un’epoca in cui odiare va di moda. Vestirsi da cattivi pare sia più originale, ma a me chi veste quell’abito fa soltanto pena. Chi rifiuta l’amore è una persona piena di problemi e che non ha imparato ancora il significato della parola Amore. Persone frustrate che non sono mai state amate o sono state ferite. A prescindere, dato che ho già detto dei miei disturbi, non mi faccio comunque problemi a mandarli ad Altrare: è un paese giusto?
D: Certo, si trova accanto a quel posto dove ci si manda tutti. Ma occupiamoci di cose davvero importanti. Nell’ordine delle cose, dopo l’amore (ma anche prima, sopra, sotto e in mezzo) può esserci una cosa sola: il sesso. Spesso nei libri le scene di sesso vengono viste in modo del tutto opposto. C’è chi con un po’ di bavetta se le legge tutte di un fiato per scoprire se il cavaliere è abile con entrambe le spade e chi, invece, censurerebbe persino la parola all’interno del più casto dei testi castrati. Tu in che posizione ti metti?
A: Ma perché devi mettermi in imbarazzo parlandomi di posizioni sessuali? (Anche qui deve seguire una risatina altrimenti risulto antipatico). Io amo la chiarezza; se so che sto leggendo un libro erotico voglio saperlo prima, se sto che sto leggendo un fantasy non mi aspetto un libro pieno di scene di sesso. Io mi schiero nel mezzo. Il sesso non dovrebbe essere un tabù, è parte della nostra vita e se si parla di persone, di sentimenti e di accoppiamenti vari tipo mezz’elfi e bestie rare, il sesso c’è stato. Nei miei libri esiste, soprattutto come identità di genere, ma verte sempre nel tema principale: amore e sentimento. L’atto sessuale troppo esplicito in un romanzo fantasy, per esempio, non mi fa impazzire, un po’ come raccontare chiaramente dei bisogni corporali. Se serve alla trama va bene, altrimenti non vedo la necessità di dire come un personaggio fa pipì o quali posizioni usa sotto le coperte. Ciononostante, ribadisco, che non debbano essere assenti: tutto questo è parte della vita.
D: Ora, dopo la cul-tura, non ci resta che passare alla letteratura. Questa è un po’ una domanda di rito che ho rivolto anche ai tuoi predecessori. Qual è il libro di un altro autore che avresti voluto scrivere? E qual è il libro che, secondo te, non è mai stato scritto?
A: Ho ribadito più volte che amo Patrik Rothfuss e il suo primo libro “Il Nome del Vento”. So che sarebbe banale e ovvio nominare Tolkien e il signore degli anelli. Ma credo che la saga di Harry Potter sia la più vicina al mio modo di vedere il fantasy, quindi avrei voluto scrivere di quel maghetto. Il libro che non è stato mai scritto è quella della mia vita: una vita orribilmente fantastica.
D: Una vita orribilmente fantastica in cui spicca la tua grande abilità come disegnatore, oltre che come autore. Ti va di parlarcene un po’? So che si narrano leggende di fan che, giunti allo stand, si siano fermati a parlare per mezzora con un elfo disegnato da te prima di rendersi conto che era un dipinto e non un cosplay. Detto ciò, quando disegnerai un paio di donnine in abiti succinti? Chiedo per un amico.
A: Io dico sempre che disegnare è un bisogno, come mangiare o bere, mentre scrivere è una droga, non posso farne a meno. (È la mia unica droga oltre al caffè ovviamente.) Diversamente dalla scrittura, il disegno e la pittura sono diventati negli anni un mestiere, mentre scrivo per diletto. Più che altro sono io che parlo per ore, forse quei fan non torneranno più sapendo che sono logorroico. E poi le donnine succinte le ho già disegnate, dovresti avvertire il tuo amico pervertito.
D: Mostracele! E, a tradimento, ti faccio una domanda seria. Quanto influisce l’arte sulla tua scrittura e la scrittura sulla tua arte?
A: Sono entrambe influenzabili da me, questo è chiaro. Ma l’una compensa le mancanze dell’altra. Una sola immagine può non racchiudere tutto ciò che vorrei trasmettere e viceversa, lo stesso vale per la scrittura. Ultimamente però sto imparando a fondere le cose. Creare un libro illustrato e interamente scritto da me sarebbe un ottimo connubio per non far discutere i miei Me. Ricordo sempre dei miei disturbi di bipolarismo e dissociativi.
D: Ultima domanda. Mi raccomando metti d’accordo tutti i te che è quella decisiva. Ciabatta semplice o infradito?
A: Odio gli infradito. Sono davvero fastidiosi, non riesco proprio a camminarci. Ciabatta tutta la vita.
D: Con questa ciabattata alla nostra curiosità artistica, si conclude quest’intervista. Spero abbiate avuto modo di divertirvi e di godervi l’intervista con questo meraviglioso autore Dark Zone. Ci sentiamo presto per un nuovo, emozionante, episodio. Alla prossima.
Daniele Viaroli