Buongiorno, cari lettori.
Nella mia esperienza di blogger ho avuto la fortuna di leggere numerose storie, alcune sono scivolate via come un soffio di vento passeggero, altre al contrario hanno avuto la capacità di insinuarsi in profondità nella mia mente, lasciando un segno, una cicatrice indelebile, che al solo sfiorarla, rievoca alla memoria le sensazioni uniche che il libro ha evocato durante la lettura.
Come ormai avrete imparato a capire, le parole di inchiostro sulle pagine bianche, spesso vengono accompagnate durante la lettura, da immagini che involontariamente,si palesano ai miei occhi, creando un legame indissolubile con la storia ed enfatizzando le emozioni provate, facendomi vivere un’esperienza unica e travolgente.
Oggi vorrei portare alla vostra attenzione un romanzo che ha indiscutibilmente stravolto ogni mia aspettativa, coinvolgendomi in un vortice di emozioni claustrofobiche e soffocanti in bianco e nero e lasciandomi poi lì, attonita e frastornata a rimettere in ordine i pensieri e a fare i conti con il dolore. Il romanzo in questione è I Figli della Cenere di Francesca Bertuca.
L’opera con cui andrò a confrontare lo scritto di Francesca è la più celebre tela di un pittore controverso e molto spesso incompreso, un dipinto che sconvolse l’opinione pubblica e che stupì per la sua capacita di esprimere il dolore e l’ingiustizia attraverso l’uso di forme, linee e colori.
Sto parlando di Guernica di Pablo Picasso, un dipinto in bianco e nero, claustrofobico e soffocante che a suo tempo, trovandomelo di fronte in tutta la sua maestosità, ebbe la capacità di lasciarmi li, attonita e frastornata a rimettere in ordine i pensieri e a fare i conti con il dolore.
Francesca ci porta con il suo romanzo, all’interno di un’ambientazione distopica, offuscata da una pioggia costante di cenere. Qui: da una parte, casuali sopravvissuti a una catastrofe causata dall’egoismo e dalla crudeltà umana, arrancano, cercando di emergere da quella cenere che ricopre tutte le loro speranze e soffoca le loro menti così come i loro respiri, mostrandoci tutto il dolore e la rassegnazione di chi non ha più nulla da perdere. Dall’altra invece prosperano in ricchezza e senza difficoltà alcuna, pochi eletti che, nella loro bolla, non osano guardare al di là del muro.
Francesca racconta di una guerra che non ha mai conosciuto una fine e delle conseguenze che essa porta con sé.
I riferimenti alla storia, quella studiata sui libri, sono palesi e si intrecciano alla perfezione con la narrazione degli eventi raccontati dall’autrice. I suoi personaggi sono molti, ognuno di loro porta con se il proprio vissuto, le proprie speranze per un futuro diverso da quel presente che vivono. Ognuno di loro si racconta al lettore, mostrando al lettore punti di vista sempre differenti e diverse sfaccettature del medesimo istante, permettendo a chi è immerso nelle pagine, di avere una visione a 360 gradi dell’accaduto, sentendosi cosi all’interno della storia, al fianco della voce narrante, vivendo sulla propria pelle ogni singola sensazione vissuta dal protagonista.
Allo stesso modo, Picasso ci mostra la devastazione, il dolore, la perdita dei minuti immediatamente successivi ad un bombardamento.
La scena di Guernica si svolge al buio, in uno spazio aperto.
Leggendo il quadro da sinistra verso destra, una serie di immagini si susseguono, raccontando ognuna la propria storia, la propria sofferenza, il proprio punto di vista.
Una donna disperata con il bambino morto fra le braccia che piange, poi un toro, dal corpo scuro e dalla testa bianca, un guerriero caduto e smembrato che tiene in pugno una spada spezzata e un fiore, un cavallo che con gli occhi stravolti nitrisce per la sofferenza, altre tre donne tra cui una in fuga e una avvolta dalle fiamme.
Pur facendo riferimento a un drammatico evento di cronaca, nel dipinto, sono assenti aerei e bombe, poiché Picasso in questo grande quadro, annulla totalmente lo spazio, consentendo attraverso l’utilizzo del linguaggio cubista, la visione simultanea di singoli episodi e sottraendo il racconto del bombardamento alla dimensione della cronaca e lo eleva a simbolo di tutti gli atti di distruzione, compiuti da ogni guerra.
Cosi come I figli della cenere, Guernica, ci trascina negli eventi narrati, infatti, osservando i corpi deformati e smembrati riusciremo a sentire le urla laceranti e strazianti causate dalle ferite e dalle ustioni, cosi come i colori cinerei, ci immergeranno in un’atmosfera soffocante e lugubre capace di togliere il respiro.
In entrambe le opere è presente una consapevole denuncia sociale, volta a una presa di posizione ferma e coraggiosa verso ogni qual si voglia forma di violenza.
Un messaggio però è lasciato sospeso dei due autori che descrivendo in modo tanto dettagliato e le conseguenze devastanti di una guerra, vogliono aprire gli occhi al fruitore, costringendolo a guardare da vicino la crudeltà di cui l’essere umano è capace e portandolo a prendere coscienza di una realtà dolorosa, al fine di riaccendere la mente di ogni individuo e spronarlo ad essere artefice del proprio destino, migliorandosi e di conseguenza migliorando il proprio futuro e quello dell’intera collettività.
In sintesi: I figli di cenere è un romanzo da leggere con calma, nonostante i suoi ritmi serrati, un romanzo che necessita di tempo, per essere goduto in tutta la sua complessa semplicità e per poterne assaporare ogni singola parola che, come per il tratto del pennello di un pittore, è scelta con cura, senza casualità alcuna e nasconde un significato specifico, utile alla comprensione dell’insieme.
Vi spetto settimana prossima con un altro confronto.
Un abbraccio
Elena