Editando, la rubrica in cui gli autori DZ ci raccontano la loro esperienza di editing. Oggi è con noi Michele Giannone!
Editanto, gli autori DZ e l’editing
Ciao Michele, andiamo dritti al punto: l’editing è croce o delizia?
Non usciamo di casa come appena alzati: coi capelli scarmigliati, la barba incolta, una canotta addosso e ai piedi le pianelle.
Anche se, guardandoci allo specchio, riteniamo di essere fisiologicamente affascinanti (modalità immodesto ON), ci pettiniamo, ci rasiamo e indossiamo vestiti puliti e scarpe appena lucidate.
L’editing ritengo faccia lo stesso con un romanzo. Anche se l’opera è potenzialmente bella, la rende pure presentabile, dandogli (le: nota dell’editor) la veste ottimale che i lettori esigono.
Perciò per me l’editing non può che essere delizia. Mica mi arrabbio con mia moglie perché mi ferma prima di uscire di casa per sistemarmi la cravatta (ebbene sì, lo confesso: talvolta mi tocca indossarla) o mi dà una sistemata ai capelli?
La tua scrittura è migliorata dopo questa esperienza o hai pensato di cambiare mestiere?
Versione UNCUT:
“Luisiproteseversodilei,ilcuoreintumultoperisentimenticheloscuotevano,temendocheAngelasisarebbetirataindietrorivelandoglicosìdinonprovareversodiluiquellocheMarcosentivainvecesindalprimomomentochel’avevavista;Angela,tuttavia,nonsimosseeluilastrinseasè,ebbroigioiaalpensierodiquellochesarebbepotutofioriretraloro.”
Versione EDITATA:
“Marco abbracciò Angela che ricambiò”.
Ovvero, quando ti accorgi che bastano poche parole, scelte in maniera accurata per trasformare una frase da Harmony nella riga di una storia, così sollevi il dito dal tasto “CANCELLA” e vai ad abbracciare l’editor (che non si chiama Angela e ha pure i baffi). Mentre la scrivevi pensavi di essere il nuovo Hemingway, quando l’hai riletto credevi di poter scrivere solo le promo dei volantini; dopo averlo rivisto con l’editor dici a te stesso che ce la potresti invece fare.
Senza timore di incorrere nelle ire di tutti gli editor all’ascolto, quali sono le caratteristiche di un buon editor?
L’occhio: per vedere tra le righe del romanzo quello che a me autore è sfuggito.
L’orecchio: per ascoltare la musicalità delle parole e aiutarmi a cambiarne qualcuna in modo che quella sinfonia che è un romanzo suoni senza alcuna nota stonata.
La bocca: per riempirmi di insulti come il sergente Hartman (quello di “Full Metal Jacket”), risvegliando in me autore il mio amor proprio e spingendomi a dare il massimo in quello che sono chiamato a fare.
Il naso… no, quello no, perché potrebbe scoprire che, per lo sforzo di assecondarlo, ho finito col farmela addosso.
Grazie Michele!
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