Editando, la rubrica in cui gli autori DZ ci raccontano la loro esperienza di editing. Oggi è con noi Alberto Chieppi!
Editanto, gli autori DZ e l’editing – Alberto Chieppi
Ciao Alberto, andiamo dritti al punto: l’editing è croce o delizia?
Entrambe. È stato certamente una croce all’inizio, con il mio primo romanzo. È stata dura accettare che qualcuno mettesse mano ai miei scritti, ma poi con le pubblicazioni successive ho realizzato che il lavoro fatto insieme all’editor era volto a valorizzare il romanzo e non a stravolgerlo. Ora considero l’editing un aiuto prezioso, uno strumento grazie al quale riesco insieme all’editor a far emergere sempre più i pregi del testo e a rimuovere quanto c’è di superfluo.
La tua scrittura è migliorata dopo questa esperienza o hai pensato di cambiare mestiere?
Vorrei dire di sì, ma forse posso dirlo solo in parte. Sono molto felice del lavoro fatto sul mio ultimo romanzo, credo sia di gran lunga superiore ai precedenti. Tuttavia, c’è un dettaglio non trascurabile che ancora non è migliorato, nemmeno dopo sessioni e sessioni di editing feroce: la lunghezza del testo. Tagliare è ormai diventata per me una parola odiosa, un incubo. Per il primo romanzo ho dovuto sfoltire molte scene inutili e parti ridondanti ed è stata veramente dura. Pensate che abbia imparato da ciò? L’ultimo testo consegnato superava di molto il milione e duecentomila battute. E via a tagliare di nuovo!
Senza timore d’incorrere nelle ire di tutti gli editor che sono in ascolto, quali sono le caratteristiche di un buon editor?
La pazienza. Per sopportare l’ego degli scrittori (o presunti tali, come nel mio caso).
L’occhio di falco. Per stanare l’ennesimo avverbio ridondante.
Lo stomaco forte. Per digerire certe schifezze, quei passaggi che a noi autori sembrano sempre così belli, ma che solo dopo che un occhio esterno ci si avventura si mostrano per quello che sono: delle emerite schifezze.
La mannaia più affilata di quella di un serial killer. Per poter tagliare senza pietà tutte quelle pagine inutili che non fanno che rallentare la storia e portarla sull’orlo del baratro della noia.
Grazie Alberto!
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